Notule

 

 

(A cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIII – 06 giugno 2015.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]

 

Peculiarità del cervello degli altruisti che hanno donato un rene ad una persona estranea. Ha rivelato interessanti peculiarità lo studio mediante risonanza magnetica strutturale e funzionale del cervello di persone eccezionalmente altruiste, tanto da donare un rene ad una persona sconosciuta. Ricercatori della Georgetown University hanno registrato un volume maggiore nell’amigdala di destra e una intensa risposta ad immagini di volti esprimenti un’intensa emozione. Questo risultato sembra molto significativo, perché è l’opposto di quanto rilevato negli psicopatici incapaci di empatia, nei quali il volume dell’amigdala è ridotto e la risposta ai volti emozionali bassa. Ora si sta cercando di caratterizzare i modi del funzionamento cerebrale dell’altruismo.

 

I recettori LX (liver X) promuovono la formazione di mielina nel cevelletto. Delphine Meffre ed altri ricercatori francesi hanno scoperto che i recettori LX α e β, i due principali recettori degli ossisteroli - derivati ossigenati del colesterolo - hanno un ruolo chiave negli oligodendrociti per la fisiologia della mielina nel cervelletto, promuovendone formazione e ricostituzione se danneggiata. Si spera che la scoperta possa essere utile per la ricerca sulle terapie della sclerosi multipla. [PNAS doi:10.1073/pnas.1424951112, 2015].

 

Perché al crescere della massa corporea si riduce il volume del cervello nell’insufficienza cardiaca? Lo stretto rapporto fra il crescere del valore dell’indice di massa corporea (BMI) e il diminuire del volume del cervello nell’insufficienza cardiaca è stato chiaramente provato in uno studio condotto da Alosco e numerosi colleghi provenienti da laboratori di otto diversi istituti universitari e pubblicato sei mesi or sono su BMC Obesity. Attualmente, sono allo studio i processi dell’interazione del BMI con l’afflusso di sangue al distretto cerebrale. Si cerca di stabilire quali meccanismi molecolari collegano l’aumento della massa corporea alla riduzione della perfusione ematica del cervello, responsabile della perdita di volume della materia grigia.

 

La melatonina corregge l’espressione genica e cura la depressione in un modello di disturbo affettivo stagionale. Ricercatori giapponesi hanno pubblicato in questi giorni, su Chronobiology International, che in un modello murino (C57BL/6J) di disturbo affettivo stagionale la melatonina era in grado di correggere l’alterazione dei geni clock nel nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo, di agire su geni serotoninergici nei neuroni dei nuclei del rafe ed avere evidenti effetti antidepressivi [Chronobiol Int 32 (4):447-457,2015].

 

Nella malattia di Alzheimer la capacità di produrre nuovi neuroni declina progressivamente. Il rapporto fra la malattia di Alzheimer e la capacità del cervello di produrre nuovi neuroni (neurogenesi dell’adulto) che potrebbero sostituire quelli perduti, è scarsamente conosciuto. I pochi studi autoptici umani, tanto quanto i numerosi studi su modelli animali, hanno fornito risultati contraddittori e, in alcuni casi, diametralmente opposti. Ekonomou e colleghi, come riferito da Fred H. Gage e due suoi collaboratori del Salk Institute di La Jolla, Adamowicsz e Mertens, hanno impiegato nuovi e più rigorosi criteri di esclusione per cercare di risolvere il problema. I ricercatori si sono avvalsi di vari markers di neurogenesi per diversi gradi di maturazione e di markers gliali. I risultati preliminari, proposti da Gage e colleghi su Biological Psychiatry, indicano nella malattia di Alzheimer un declino progressivo a stadi del fenomeno della neurogenesi [Biol Psychiatry 77 (8): 680-682, 2015].

 

Toxoplasma Gondii, che si riproduce nell’intestino del gatto, può determinare modificazioni permanenti nel nostro cervello. Recependo la richiesta di alcuni soci, pubblichiamo la “breve” inviata con l’alert settimanale del 30 maggio.

Toxoplasma Gondii, un organismo unicellulare scoperto nel 1908, è un protozoo che si può riprodurre sessualmente solo nell’intestino del gatto, che lo rilascia nell’ambiente contaminando acqua e cibo. Nel nuovo ospite, che lo ingerisce con acqua e cibo contaminato, si riproduce per divisione asessuata, diffondendosi nell’organismo, dove può causare un’infezione (toxoplasmosi) che assume caratteri di notevole gravità nelle persone immunocompromesse. Le donne gravide sono particolarmente a rischio. Se l’infezione si verifica nel primo trimestre di gravidanza, le conseguenze per il prodotto del concepimento possono essere molto gravi, perché, diffondendosi da una cellula all’altra, il parassita può attraversare tessuti ed organi in formazione danneggiandoli irreparabilmente. L’infezione da toxoplasma può infatti causare aborto o gravi difetti congeniti. La comune infezione di persone non immunodepresse può essere subclinica e passare inosservata, o manifestarsi con una sintomatologia sfumata che può essere confusa con un’infezione virale lieve, parainfluenzale o da altri virus a bassa capacità di moltiplicazione in vivo.

La diffusione impressionante del protozoo è di proporzioni tali da costituire un allarme per la salute su tutto il pianeta, soprattutto alla luce degli studi che hanno dimostrato la sua capacità di incidere permanentemente sul cervello dei mammiferi. Si stima che tre miliardi di persone nel mondo abbiano il toxoplasma nel proprio cervello.

Già negli anni Ottanta, alcuni gruppi di ricerca avevano descritto comportamenti insoliti nei topi infettati. Nel 1994 Joanne Webster e colleghi notarono che i topi portatori di toxoplasma non fuggivano i gatti, ma si lasciavano catturare e sbranare. Nel 2011 Robert Sapolsky, autore di studi fondamentali sui danni cerebrali da stress, con vari colleghi dell’Università di Stanford scoprì che i ratti infettati dal toxoplasma erano sessualmente attratti dai gatti, per un’alterazione cerebrale nella risposta ai ferormoni, dovuta alla presenza nel sistema limbico di cisti del parassita in grado di causare una conversione dalla reazione di fuga (fight or flight response) a quella di attrazione. Gli intensi studi degli ultimi cinque anni, oltre a cercare di definire i meccanismi molecolari della “fatale attrazione felina” dei roditori, hanno indagato e stanno indagando quanto accade nel cervello umano. Anche nella nostra specie, infatti, il toxoplasma può determinare alterazioni cerebrali che si ripercuotono sul comportamento. Anche dopo anni che il parassita è stato allontanato dal corpo, le modificazioni comportamentali che ha indotto, come un tatuaggio indelebile, possono permanere a vita.

 

Notule

BM&L-06 giugno 2015

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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